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Fissazioni di bordo - I fischi teorici e quelli pratici
Relativa indifferenza per l'"uomo in mare"
Una mia invenzione che non va troppo bene
Santo cielo, ma sulle navi non pensano ad altro che al naufragio! Sulle pareti della cabina sono appese le norme concernenti il "segnale per l'abbandono della nave", il "segnale per l'uomo in mare" e il "segnale per l'incendio grave a bordo", con le istruzioni per indossare le cinture di salvataggio. Lungo la passeggiata, altre norme per l'abbandono della nave, armadi pieni di cinture di salvataggio, ciambelle di salvataggio appese ai parapetti, ciambelle da giorno, ciambelle da notte, con una luce che si accende automaticamente appena in contatto con l'acqua (tutte le comodità per questi naufraghi!). E più su scialuppe di salvataggio, alcune con viveri, cordiali e medicinali già pronti; ce ne sono due persino con una minuscola stazione radio: non mi meraviglierei che ci fosse anche una bibliotechina per i naufraghi. A poppa e a prua zattere di salvataggio accatastate; e, sparsi qua e là altri avvisi con le norme per il segnale d'abbandono della nave; nei corridoi e per le scale, frecce luminose che indicano il punto di riunione per il caso d'abbandono della nave; ogni tre o quattro giorni, esercitazioni in caso d'incendio o di abbandono della nave.

Ci vuole una bella memoria

È una fissazione.
Il bello è, poi, che nessuno tra i passeggeri ricorda con precisione quanti sono i fischi di sirena relativi all'incendio grave a bordo, quanti quelli dell'uomo in mare e quanti quelli del puro e semplice abbandono della nave. Sono certo che all'atto pratico, avverrebbero confusioni disastrose. Chiunque nottetempo, nella propria cabina, udisse un certo numero di fischi di sirena inaspettati, per prima cosa sarebbe colto da dubbi angosciosi:
- Sarà l'incendio, o l'uomo in mare?
Capite bene che c'è un enorme differenza fra le due cose. Con l'incendio ne va della vita di tutti, con l'uomo in mare ne va della vita di una persona. E non tutti troverebbero in quel momento il sangue freddo per andare a consultare la tabellina sulle pareti.
Per me. c'è tutto da rifare, in questo campo. Più duna volta, nei miei lunghi e drammatici viaggi
per mare, durante le notti di tempesta ho teso l'orecchio, parendomi udire, tra i sibili del vento,
il « segnale per l'abbandono della nave ». Orbene, so dirvi che se, in queste circostanze, il segnale si facesse udire all' improvviso, ben pochi sarebbero i passeggeri che immediatamente salterebbero dal letto, sì metterebbero carponi a cercare sotto di esso la cintura di salvataggio e l'indosserebbero, per poi avviarsi dignitosamente, nello strano abbigliamento, verso il punto di riunione. Molti di più sarebbero invece i passeggeri ai quali, verso il quarto o quinto fischio di sirena udito nottetempo all'improvviso nel segreto della cabina, verrebbe un colpo d'accidente. Questo – è chiaro – semplifica molto le cose e in un certo senso riduce sensibilmente il numero delle morti per annegamento; perché è certo che chi è già morto d'accidente non può morire annegato.

Una migliore organizzazione

Ma secondo me, la cosa andrebbe organizzata diversamente. In teoria, com'è ora, dovrebbe funzionare così: al primo fischio di sirena udito nottetempo (di giorno è tutt'altro perché quasi nessuno è in cabina), il passeggero si sveglia e si mette a contare attentamente:
- Uno... - (al primo fischio non sa ancora di che si tratta e quindi mantiene un atteggiamento vigile sì, ma neutrale; potrebbe trattarsi dell" «uomo in mare» - due fischi brevi e uno lungo -, caso dolorosissimo ma che non richiede da lui provvedimenti urgenti; fino a terzo fischio è inutile allarmarsi) - due... - (idem) ...tre... - (non era lungo; ahi. ahi, è escluso l' «uomo in mare»; che sarà? incendio grave o naufragio? staremo a vedere; attenzione a non sbagliare il conto!) - ...quattro...
Se dopo il quarto fischio non si sente più niente, il passeggero sa a cosa attenersi:
- Benissimo – mormora- incendio grave a bordo.
Oppure conta:
- Uno, due, tre, quattro, cinque...
Al quinto sa già di cosa si tratta: - abbandono della nave.
S'alza dal letto, se già non l'ha fatto - come sarebbe consigliabile fin dal terzo fischio non lungo -, indossa il salvagente e raggiunge il punto di riunione.

L'accidente che interessa uno solo

Se invece, dopo due fischi brevi ne sente uno lungo, mormora: - Benissimo. Uomo in mare. Andremo a curiosare.
Questo, si intende, se vuole curiosare. Perché può benissimo restarsene a letto e, in ogni caso, non è affatto necessario che indossi la cintura di salvataggio.
Ma, come ho detto, sono certo che in pratica le cose andrebbero molto diversamente. Anzitutto i passeggeri non imparano a memoria - come sarebbe loro interesse - la tabellina dei fischi e quindi dovrebbero consultarla nel momento del pericolo; e, siccome è redatta in varie lingue, gli spagnoli dovrebbero cercare le norme di abbandono del barco, i brasiliani quelle per l'abbandono do navio, ecc. ecc. Avverrebbero equivoci fastidiosissimi nell'interpretazione del segnale di «uomo in mare», c'è da giurare che un'alta percentuale di passeggeri si presenterebbe al punto di riunione avendo indossato le cinture di salvataggio e creando più confusione che altro.

Cento fischi non portano disgrazia

Poi ci può essere il caso di quello che si sveglia quando stati già due fischi, sente soltanto gli ultimi tre, crede che sia «l'uomo in mare», resta a letto e affonda .
E ci possono essere tanti casi dubbi. Stamattina all'alba, per esempio, sono stato svegliato da fischi di sirena. Conto: - Uno, due, tre (uomo in mare), quattro (incendio?), cinque, sei (naufragio?)...
Stavo per saltare dal letto, quando sento un settimo fischio di sirena.
- Oh questo? - penso - sette fischi non sono contemplati nella tabella.
Un ottavo. Un nono.
Io continuavo a contare. Siamo arrivati a un centinaio di fischi.
- Che accidenti sarà? - pensavo.- Forse saremo già affondati. Poi ho saputo che era per la nebbia.
Se, poi, il concerto dei fischi di sirena per sinistro avvenisse di giorno, altre confusioni. I passeggeri, prima di raggiungere il punto di riunione, dovrebbero correre in cabina a cercare la cintura di salvataggio. D'onde, via va, fuggi fuggi, spintoni. E, poi, la cintura, quanti tra i passeggeri si sono mai curati di guardare sotto il letto se c'è davvero, dove sta, e come s'indossa?
Ho più volte, in viaggio, confidato questi dubbi agli stati maggiori delle navi. Mi è stato sovente assicurato che in caso di necessità, prima di dare il segnale si manderebbe il cameriere ad avvertire. Ma questo che vantaggio è? Che al passeggero impressionabile l'accidente, invece di venire al segnale d'abbandono della nave, verrebbe un momento prima cioè quando il cameriere venisse a dirgli:
- Tra poco verrà dato il segnale d'abbandono della nave per incendio grave a bordo. Si prepari.

Il tatto prima di tutto

Ma mi è stato assicurato che il cameriere verrebbe ad avvertire con una certa forma. Ecco, forse verrebbe a picchiare discretamente alla porta della cabina con una scusa. Per esempio, direbbe:
- Signore, la desidera un momento il capitano.
Ebbene, vi assicuro che se, nel cuore della notte, mentre sto a letto, il cameriere venisse a farmi
un discorso simile, mi verrebbero subito del sospetti. La mia prima domanda sarebbe:
Ma mi dica la verità, stiamo andando a fondo?
- Nemmeno per idea.
- Lei mi nasconde qualche cosa. Non mi faccia stare sulle spine...
- Le assicuro che non è niente di grave. Il capitano desidera fare quattro chiacchiere con lei.
- A quest'ora?
- Che vuol farci? Prenda anche la cintura di salvataggio. Anzi aspetti, gliela metto addosso.
- Ma perché questi preparativi?
- Niente, per fare un po' di chiasso.
Mi è stato anche detto dai competenti che in caso di naufragio è preferibile aggrapparsi alle zattere, piuttosto che prender posto sulle scialuppe, che possono infrangersi contro i fianchi della nave, o rovesciarsi.

Anche la zattera non va

Ebbene, anche la prospettiva di stare per delle ore in acqua, aggrappati a una zattera, mentre i pescicani vi mangiano le gambe, non è tale da entusiasmare. Salvare soltanto la metà superiore del corpo non è cosa che può far piacere. Pensate: dopo un attraversata con naufragio, tutti i passeggeri, salvati, che arrivano in America con tavolette a rotelle sotto il torso.
Insomma, da qualunque parte si guardi, non c'è che da augurarsi che non si presenti mai la necessità di far funzionare tutta questa organizzazione di salvataggi predisposta a bordo per il caso d'abbandono della nave.
Io avevo anche immaginato una specie di piattaforma leggerissima appoggiata su più alto ponte della nave e fornita di alcuni involucri che, in caso di naufragio, potessero essere rapidamente gonfiati d'idrogeno. Al segnale d'allarme, i passeggeri si raggrupperebbero sulla piattaforma; verrebbero gonfiati gli involucri e la piattaforma stessa, sganciata dalla nave, sarebbe sollevata in aria con i passeggeri.
Ma anche la situazione di tutto questo assembramento di persone sospeso in mezzo al cielo sarebbe tutt'altro che invidiabile.

Tutto considerato, e preferibile non fare naufragio.

Achille Campanile