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IL CAFFÈ ILLUSTRATO , bimestrale di parole e immagini diretto da Walter Pedullà, ha dedicato nel numero sei della rivista, in libreria e nelle edicole nei mesi di maggio e giugno 2002, uno spazio intitolato DOSSIER CAMPANILE con scritti dispersi dell'autore, una fotobiografia raccontata dal figlio Gaetano e saggi di Enzo Di Mauro e Walter Pedullà. Venti pagine ricche di immagini e testi ritrovati che raccontano e analizzano la vita dell'uomo e dello scrittore Achille Campanile.



L'amore perfetto fra seppie e piselli
di Walter Pedullà



Achille Campanile è il figlio legittimo della risata del Dio che nel "Controdolore" di Palazzeschi si sganascia dinanzi allo spettacolo dissennato dell'umanità sottostante . È nato da un manifesto futurista? Da due: avendo egli avuto i natali anche nel manifesto del Teatro di Varietà, scritto dal primo dei futuristi, quel Filippo Tommaso Marinetti cui dobbiamo alcune previsioni demenziali che però poi si sono avverate. Figlio più celebre di Campanile è invece l'assurdo, del quale fu a lungo padre putativo Eugene Jonesco, che ora quasi tutti hanno dimenticato; al contrario di Campanile del quale tutti si sono ricordati, almeno nell'anno del centenario della nascita, così fecondo di ristampe delle sue opere.
Fama deperibile dunque quella del rumeno, mentre per merito di Campanile non è più tanto vero quanto sosteneva Savinio , secondo il quale il comico non regge al tempo: lo dimostrerebbe l'impossibilità di ridere per chi legge Plauto. Non discutiamo tale giudizio, tuttavia di un' altra cosa siamo certi: si può dubitare dell'immortalità dell'anima dell'uomo (messa assurdamente a confronto con gli asparagi nella raccolta più rinomata di racconti di Campanile, cioè Gli asparagi e l'immortalità dell'anima} ma non dell'eterna giovinezza della scrittura comica campanililiana. Bisogna infatti cercare nella commedia dell'arte per trovare una pari capacità di far ridere col nulla (ora l'iniziale è minuscola, solo alla fine sarà maiuscola).

Anche se ci teniamo sul profilo basso del discorso, questo almeno va detto: Campanile non riesce a prendere sul serio nulla di quanto venga pensato, fatto, scritto e detto dai suoi simili. Lui non è simile a nessun altro uomo o scrittore? È vero, è unico, è come il dio di una religione monoteista, per esempio il cristianesimo, del quale non rideva mai, mentre invece era capace di deridere ogni altra religione, ideologia o corrente artistica.
Comunque è successo pure questo: per alcuni decenni la sua narrativa non ha fatto ridere nessuno. Ovviamente è assurdo che anche in tal caso si parli di "fortuna critica" ma Campanile rideva pure quando non era fortunato coi critici. Bastava che scrivessero e la sfortuna passava dalla loro parte. La massima fortuna negli ultimi anni è capitata a un polipo (tentacolare personaggio di un romanzo "marino" intitolato Agosto, moglie mia, non ti conosco), che pescato e percosso dieci volte al giorno, è stato ripescato definitivamente da Eco per dimostrare che Campanile va tirato fuori dalle acque torbide del comico più godereccio. per essere sollevato all'altezza del più squisito umorismo. Tale tesi può essere affondata da ogni critico al quale paia che si sia esagerato nel disprezzare, non quel polipo in particolare, ma la letteratura fondata sul riso, o, più precisamente e meno sostanziosamente, sul ridere. Cosi evitiamo un equivoco: che peraltro è, metaforicamente, un piatto che non manca mai nella cucina di Campanile: come anche i giochi di parole. Con le quali ha reso saporita l'umanità intera del passato (qualche nostalgia), del presente (qui sono e non mi faccio schiodare da nessuno) e del futuro (senza nostalgia del futurismo, acqua passata).

«In principio fu il Verbo». Campanile però non dì molto tempo nemmeno alla parola divina: subito dopo scoppia la risata. Il verbo, l'infinito presente de futuristi, è ridere, questo è l'imperativo sempre presente. Se la risata è assente, è inutile che leggiate i test di Campanile. Pare che glielo abbia ordinato Dio il persona ovvero, metaforicamente, glielo impone i linguaggio (le parole non si illudano, è solo un gioco di specchi, mortale narcisismo di chi vuole afferrai una realtà sfuggente) della sua narrativa: quella struttura inconscia è cosa non meno misteriosa dell'Altissimo, quand'anche la si collocasse dove è, all'origine, nel profondo dello scrittore.


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