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1923
Mentre continuano le varie collaborazioni ai giornali nel 1923 comincia a scrivere Ma che cosa è quest’amore?
Dal diario dell' anno 1923
Senza data
Egiziana (nave Esperia). Come si chiamava? Gabry.
Galleria, feci per baciarla; troppo tardi. Luce!. Poi Napoli, Capri. Ritorno in barca a vela. Scherzo di marinai. Sorrento. Mancia. Treno Napoli. Addio! Tristezza. In treno due che parlano. Avevo in mente questa storia.

Al Barbiere di Siviglia all’aperto mi viene il titolo: "Ma che cosa è quest’amore?". Comincio a scriverla in prima persona. Non mi soddisfaceva. Pianto il racconto.

Torno a Capri per il giornale.

Lo riprendo in terza persona. Fila magnificamente per due capitoli.
"E’ un romanzo serio che si ispira alla realtá: Il mio incontro in treno con la signora francese di origine egiziana è realmente avvenuto, come è vissuta tutta la vicenda sentimentale che si svolge tra Napoli, Posillipo e Capri. Naturalmente ci sono anche situazioni strane e soprattutto personaggi strani: ma è tutto vero. Quando presi il treno per ritornare a Roma ero molto triste: eppure non potevo fare a meno di osservare come erano buffi i viaggiatori che si trovavano nel mio scompartimento. Quei viaggiatori diventarono poi figure del mio romanzo."

Quella esperienza rivive anche attraverso gli occhi di Benigno, alter ego di Achille.

In treno Benigno vedeva gli altri viaggiatori, udiva i loro discorsi che, forse anche nel contrasto con la sua tristezza, gli parevano supremamente buffi.
A casa sentiva il bisogno prepotente di rivivere sulla carta il breve e semplicissimo romanzo di quest’amore troncato cosí presto. Si mise a scrivere, ma non lo stimolava un’aderenza quasi cronicistica alla realtà.

All’improvviso, una notte, a tavolino, qualcosa più forte di lui lo spinse ad abbandonarsi all’estro, tutta la storia del breve amore gli apparve trasfigurata, gli fiorivano sotto la penna strani sviluppi immaginari degli episodi reali, quasi che, per una sorta di rivincita contro l’amarezza della separazione, tutto gli apparisse sotto un aspetto ironico.
Sempre fece ridere esalando la sua malinconia.
O forse questo avveniva soltanto perché era arrivato il tempo in cui un frutto maturo doveva staccarsi dal ramo.
Gli venne di getto il primo capitolo. Non era lui portare avanti il racconto, ma questo a portar lui, i personaggi gli guizzavano fuori dalle mani per far quello che ad essi piaceva. Dovette lasciare che si sbizzarrissero, e del resto li aiutava in questo col maggior piacere. E non c’era altro modo per andare avanti.

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